In un mondo dove la maggior parte delle comunicazioni aziendali passa attraverso Microsoft Teams, era solo questione di tempo prima che la piattaforma diventasse terreno fertile per campagne di phishing, distribuzione di malware e file “weaponizzati”. La risposta di Microsoft è arrivata sotto forma di due nuove funzionalità in anteprima pubblica: Malicious URL Protection e Weaponizable File Protection.
Non si tratta di semplici aggiornamenti tecnici, ma di un cambio di paradigma. Microsoft sta spostando il baricentro della sicurezza dall’infrastruttura al punto in cui gli utenti lavorano davvero: la chat, le riunioni, i canali collaborativi. È lì che avviene l’errore umano, ed è lì che ora vengono introdotte barriere di protezione.
Con Malicious URL Protection, i link condivisi in Teams non sono più “ciechi”: vengono valutati in tempo reale al momento dell’interazione e accompagnati da un avviso nativo che evidenzia il rischio prima dell’apertura. È un controllo in-context che si inserisce direttamente nella conversazione quotidiana e fornisce segnali chiari all’utente. Un passo avanti rispetto al solo email filtering, perché porta la protezione dove gli utenti cliccano davvero, chat, canali e meeting, uno spazio finora percepito come “trusted by default”.
Ancora più netta è la svolta con Weaponizable File Protection. Bloccare alla radice l’invio di file con estensioni rischiose – non solo .exe ma decine di formati usati in attacchi reali – significa ridefinire le regole del gioco. Non è l’utente a dover distinguere se un file è sicuro o meno: è la piattaforma che impedisce l’errore. Certo, la scelta di bloccare interi messaggi può sembrare drastica, e l’impossibilità di personalizzare la lista delle estensioni lascia qualche margine di discussione tra gli amministratori. Ma il segnale è chiaro: l’epoca della collaborazione “aperta a tutto” è finita.
Dal punto di vista strategico, queste novità ci dicono due cose. Primo: Microsoft sta investendo per trasformare Teams in un ambiente non solo produttivo, ma anche sicuro by design. Secondo: la responsabilità della protezione non può più essere demandata unicamente a layer esterni o alla consapevolezza degli utenti. La sicurezza deve essere embedded, invisibile e automatica.
Quanto è reale il pericolo? Le statistiche parlano chiaro
Non sono solo ipotesi: i rapporti recenti confermano che gli attacchi che utilizzano Teams stanno crescendo, e che phishing e condivisione malevola di file sono diventati vettori sempre più usati dagli aggressori. Alcune cifre:
- In uno studio recente, si stima che una campagna phishing via Microsoft Teams abbia colpito fino a 50’000 utenti. (Compliancy Group)
- Secondo analisti del settore, gli attacchi phishing sfruttando Teams sono in aumento da aprile 2024, con tattiche che includono l’invio di URL dannosi attraverso chat interne, inviti a meeting fasulli e impersonificazione di help desk IT. (teckpath.com)
- Un rapporto generale sul phishing segnala che oltre il 90% degli attacchi informatici iniziano oggi con phishing, rendendolo il vettore più comune per violazioni di sicurezza. (Huntress)
- Nel Q4 del 2024 si è registrato quasi 1 milione di attacchi di phishing a livello europeo. (Secureframe)
Queste cifre sottolineano che la minaccia non è confinata all’email: strumenti come Teams, che un tempo venivano percepiti come relativamente sicuri, sono ora nel mirino, anche grazie al fatto che utenti tendono a fidarsi più facilmente nei contesti di chat interna o collaborazione diretta.
C’è ovviamente un rovescio della medaglia
Essendo ancora in fase di preview, le funzionalità non sono esenti da limiti. Le differenze di comportamento tra versioni del client, la mancanza di granularità nelle policy e la dipendenza dall’attivazione lato amministratore potrebbero creare attriti. Ma questo è il prezzo dell’innovazione: la sicurezza non è mai una feature finita, è un percorso iterativo.
Per i CISO e gli IT manager, la domanda non è se attivare queste funzioni, ma come inserirle in una strategia più ampia di difesa multilivello. Teams diventa così un tassello critico nella security posture aziendale, al pari di endpoint e email. Non adottare queste protezioni equivale a lasciare scoperto un punto nevralgico dove oggi si gioca buona parte della collaborazione aziendale.
In definitiva, l’introduzione di Malicious URL Protection e Weaponizable File Protection segna un cambio di passo: la sicurezza non viene più “aggiunta sopra” all’esperienza di lavoro, ma diventa parte integrante di essa. È una direzione che probabilmente vedremo estendersi ad altre aree della suite Microsoft 365, perché il futuro della collaborazione digitale sarà inevitabilmente anche il futuro della sicurezza informatica.